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Il virus, le cui caratteristiche erano in grado di suscitare un’abnorme reazione del sistema immunitario che non proteggeva più l’organismo ma addirittura partecipava al danno anatomico, si trasmetteva attraverso tosse o starnut e colpiva in maniera talmente violenta e repentina da scatenare nei sistemi immunitari più giovani e reattivi una tempesta di citochine, molecole proteiche che inducono le cellule a resistere alle infezioni. Tuttavia questa reazione incontrollata inondava di fluidi i polmoni costruendo la base per nuove infezioni e ostruendo le vie respiratorie.
Persone con un sistema immunitario più debole come gli anziani ebbero reazioni immunitarie meno eccessive e furono meno interessate da casi gravi. La fascia anziana della popolazione era inoltre sopravvissuta a un simile ceppo di influenza circolato negli anni trenta del 1800 ed era forse protetta da una forma parziale di immunità.
Un altro fatto inconsueto fu che l’epidemia si diffuse nell’emisfero settentrionale durante l’estate e l’autunno mentre solitamente l’influenza si diffonde maggiormente in inverno. A quel tempo i medici non sapevano esattamente cosa stesse accadendo e non avevano mezzi per combattere la malattia. Inizialmente credevano che la febbre fosse causata da batteri e non avevano idea di cosa fosse un virus. Sapevano soltanto che esisteva una sostanza potenzialmente mortale ma invisibile ai loro strumenti. Da tempo, infatti, avevano scoperto che, filtrando dell’acqua infetta attraverso un filtro antibatterico, qualcosa riusciva comunque a passare dagli strettissimi pori e quel qualcosa era in grado di uccidere altri batteri al di là del filtro o, eventualmente, cellule umane.
I medici ipotizzarono che fosse un enzima o che si trattasse di protozoi invisibili ai loro microscopi ottici per cui, senza sapere bene con cosa avessero a che fare, decisero di chiamare quella sostanza virus veleno in latino.
Quando, nella primavera del 1918, i medici capirono che quella che avevano davanti era un epidemia di influenza ormai sapevano che un virus ne era probabilmente il responsabile ma non sapevano esattamente cosa questo significasse né perché l’epidemia che avevano di fronte fosse così letale rispetto al passato.
Eessendo la causa dell’influenza non nota, i numerosi vaccini che vennero sperimentati non risultarono efficaci e non erano disponibili terapie antivirali specifiche, il che è ancora largamente vero oggi, infatti la maggior parte delle cure mediche per influenza mira a sostenere i pazienti piuttosto che curarli.
Le cure mediche prescritte si dimostravano inefficaci ed erano volte principalmente ad abbassare la temperatura. Ricomparve l’antico “salasso”, ripudiato dai medici sul finire del XIX secolo, con risultati negativi.
Indubbiamente il conflitto bellico noto come “prima guerra mondiale” che nel 1918 durava ormai da quattro anni favorì l’espansione della pandemia. Milioni di militari vivevano ammassati in trincee sui vari fronti favorendo così inevitabilmente la diffusione del virus.
I dati storici ed epidemiologici sono inadeguati per identificare l’origine geografica della pandemia “Spagnola”. Studi più recenti basati principalmente su referti medici originali del periodo della pandemia hanno rilevato che l’infezione virale stessa non era più aggressiva di qualsiasi altra influenza precedente ma che le circostanze speciali: malnutrizione, campi medici e ospedali sovraffollati e scarsa igiene, contribuirono ad una super infezione batterica che uccise la maggior parte degli ammalati.
In genere, dopo un periodo prolungato di degenza gli alloggi sovraffollati e i massicci movimenti delle truppe impegnate nella prima guerra mondiale contribuirono ad aumentare la trasmissione e la mutazione del virus. Alcuni ipotizzano che il sistema immunitario dei soldati fosse fortemente indebolito dalla malnutrizione, così come dallo stress dei combattimenti e dalla paura degli attacchi chimici, aumentando la suscettibilità alla malattia.
I primi segnali della malattia si manifestarono nel 1917 per poi esplodere nel 1918. L’ospedale militare era il luogo perfetto per incubare un virus letale costruito per accogliere le migliaia di feriti provenienti dai combattimenti con i tedeschi. Il campo era costituito da una sterminata serie di tende e baracche a poca distanza dagli acquartieramenti. Si trovavano stalle per migliaia di cavalli e recinti per decine di migliaia di polli e maiali macellati ogni giorno per sfamare i malati e le truppe di passaggio. Tutti animali idonei per ospitare il virus dell’influenza. Tonnellate di escrementi animali prodotti ogni mese venivano bruciate in mancanza di altri metodi per eliminarle contribuendo ad avvolgere il campo in una malsana foschia giallastra che peggiorava le malattie respiratorie e poteva contribuire a diffondere le epidemie nel campo.
C’erano anche migliaia di lavoratori cinesi reclutati nel nord della cina per svolgere lavori non militari, molti dei quali provenivano da un’area del paese nella quale si era sviluppata soltanto pochi anni prima una micidiale epidemia influenzale che aveva ucciso migliaia di persone.
Incubato in una sorta di gigantesco laboratorio virologico, il virus dell’influenza Spagnola trovò un ambiente perfetto per diffondersi. Un ulteriore fattore che ha favorito l’espandersi dell’epidemia è stato l’aumento dei viaggi che resero più facile a soldati marinai e semplici viaggiatori civili spostarsi nel mondo e quindi diffondere la malattia. I movimenti di truppe in tutto il mondo dovuti alla guerra permisero il tramutarsi di una grave epidemia locale in una pandemia globale. La malattia trovò milioni di persone indebolite dalle privazioni della guerra in un contesto politico in cui i governi, a causa dei combattimenti, non potevano concentrare le risorse necessarie per affrontare l’epidemia. Un altro fattore che incis fu, infine, l’apertura alle comunicazioni di vaste aree del mondo un tempo isolate come il continente africano che espose milioni di persone a un contagio che non avevano mai visto prima. Questa condizione unica di fattori rese l’epidemia di influenza spagnola la più letale che il genere umano avesse mai visto prima.
-> Leggi: La Pandemia dell’influenza “Spagnola” un secolo dopo – prima parte
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