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C’era un ragazzo che diceva di voler fare l’amore con tutto il genere umano. Diceva che bisognava abbracciarsi e che bisognava amarsi. Secondo lui tutti avevano bisogno di calore umano. Secondo lui tutti dovevano amarsi disinteressatamente. I suoi discorsi erano vortici di parole. Lui era innamorato della vita e del mondo. Diceva che forse anche il paradiso era un orgasmo cosmico senza orgia e che l’inferno era una orgia eterna senza orgasmi. Diceva che tra sesso e amore non c’era una netta linea di demarcazione. Diceva che comunque non credeva alla beatitudine eterna né alla pace dei sensi terrena. Il paese in cui viveva era molto all’antica. Secondo una vecchissima tradizione le ragazze dovevano percorrere il quadrilatero di vie del centro storico in una direzione e i ragazzi nell’altra direzione. Lui invece le percorreva in ogni direzione. Contravveniva alle regole della tradizione. Fermava tutti i passanti e le passanti per la strade. Si fermava a parlare. Faceva loro proposte indecenti. Nessuno accettava, forse perché il ragazzo aveva qualcosa di inquietante. Molti si dichiaravano scandalizzati. Le ragazze più volte chiamavano i carabinieri. Tutti lo consideravano un invasato. Il ragazzo finiva le sue giornate solo e pensieroso perché sapeva che tanti altri esseri umani si accoppiavano la notte, mentre lui era sempre da solo. Era una sorta di bonobo kissing solitario in un paese di morigerati monogami. Una volta il ragazzo incontrò uno scrittore in crisi di ispirazione. Era talmente orripilante che il ragazzo non gli fece alcuna proposta. Gli chiese per quali motivi scrivesse. Lo scrittore gli rispose che scrivere era allo stesso tempo un modo per distrarsi dal pensiero della morte e un modo per prepararsi alla morte. Insomma ogni scrittore era un poco schizoide. Lo scrittore si confidò con il ragazzo. Gli spiegò che aveva ragione il grande Giorgio Manganelli, ovvero che il linguaggio era un gioco, un sempiterno “come se”. Gli disse che in fondo la scrittura era molto spesso sublimazione del sesso e che lui quindi non faceva più sesso, ma si limitava solo a scrivere. Gli parlò anche delle sue aspirazioni e velleità. Gli spiegò che la vera letteratura poteva essere senza trama né macchinazione. La cosa importante era che avesse uno stile. Lo scrittore era indeciso se provare a scrivere un “Libro Totale”, un’opera onnicomprensiva che descrivesse il mondo intero, oppure un racconto brevissimo in cui veniva descritto un particolare apparentemente insignificante ma che si rivelava alla fine essenziale, fondamentale. Lo scrittore raccontò al ragazzo i suoi dubbi, le sue perplessità. Quest’ultimo allora disse che era lui il dettaglio apparentemente insignificante su cui doveva scrivere. Dopo un istante il ragazzo scomparve per sempre dal mondo. Nessuno venne più importunato in quel paese. Tutti vissero e camminarono in santa pace. Lo scrittore continuò a confidarsi, ma soltanto alle pagine bianche. Subito dopo aver scritto del ragazzo morì. Non so come né perché, ma questa strana storia finisce qui.
Davide Morelli – Pontedera